venerdì 11 dicembre 2009

La piccola storia (versus: La grande storia)

A raccontare le vicende degli uomini non si finisce mai. C'è chi traccia millenni di storia del mondo intero in 200 pagine e chi, al contrario, racconta la storia di un solo giorno di un solo disgraziato qualsiasi in 800 pagine.
Sono lo stesso genere di storia? Ma si! Quella si chiama La grande storia, questa La piccola storia. Entrambe sono fatte su documenti oppure su testimonianze dirette (con riscontri, possibilmente).
Per ora vi racconto qualcosa di Silvestro Loia, figlio di Vincenzo e di Roani Cecilia, nato a Sassoferrato (Ancona) il 12 marzo 1884, e che il 21 aprile 1921 era residente a Iron Mountain nello stato del Michigan (USA), di condizione operaio (dal passaporto n. 888, n. di registro corrispondente /, rilasciato dal Regio Consolato d'Italia in Chicago " In Nome di Sua Maestà VITTORIO EMANUELE III Per Grazia di Dio e per Volontà della Nazione RE D'ITALIA").

La Grande Storia
Nel 1910 venivano censiti n° 21.200 italiani nelle città dello stato del Michigan, dove si trova la città di Iron Mountain (capitale Chicago, con oltre n. 50.000 italiani), e n° 809.300 nello stato di New York (dei quali n° 591.100 nella sola città di New York).
Nel 1910 negli USA erano residenti oltre 2 milioni di italiani, emigrati dall'Italia tra l'ultimo decennio del 1800 e il primo decennio del 1900.
L'Unità d'Italia era costata carissima agli italiani del centro e del sud, e la crisi economica metteva alla fame le famiglie più deboli, specialmente nelle campagne e nelle zone montane come lo sono le Marche. E ancor più caro costò il periodo immediatamente dopo l'Unità, sia in termini di saccheggio delle risorse, sia in termini di imposte e tasse, sia in termini di morti a seguito dei rastrellamenti e delle esecuzioni di cosiddetti "briganti" ad opera delle truppe piemontesi d'occupazione.
Si stima che sono circa 14.000.000 gli italiani emigrati all'estero nel periodo tra il 1876 e l'inizio della I Guerra Mondiale, a fronte di una popolazione nel 1900 di circa 33.000.000 milioni di abitanti. Argentina, Brasile e USA erano i principali paesi dove si recavano gli italiani in cerca di fortuna, e dove oggi vivono circa 65 milioni di discendenti di emigrati italiani.
Negli USA, nel periodo dal 1880 e il 1915 approdarono 4 milioni di italiani, su 9 milioni di europei che varcarono l'Atlantico su un vaporetto come quelli della figura (metà a carbone, metà a vela, per riserva).
Nella figura: alcuni piroscafi del periodo in partenza dai porti di Genova e Napoli per l'America.
L'emigrazione italiana nel mondo è stata definita "il più grande esodo migratorio della storia moderna" (per saperne di più).

La Piccola Storia di Silvestro Loia
<Cosa intende per nazione, signor Ministro? È una massa di infelici? Piantiamo grano ma non mangiamo pane bianco. Coltiviamo la vite, ma non beviamo il vino. Alleviamo animali, ma non mangiamo carne. (...) Ciò nonostante voi ci consigliate di non abbandonare la nostra Patria? Ma è una Patria la terra dove non si riesce a vivere del proprio lavoro?>. Così si esprimeva un anonimo italiano, emigrante in Brasile, ad un Ministro, pure lui italiano, alla fine del 1800 (da wikipedia, tradotto dal portoghese).
Era partito da Casalvento - Silvestro Loia - con lo stesse domande in testa.
Devo andare ad Iron Mountain (vedi qui sopra la mappa della città del 1953) dove ci sono i paesani - si disse - e ho con me il passaporto. Non mi ferma nessuno. Mica sono come Enrico Baiocco, che era partito clandestino da Genova, e quando l'hanno scoperto sul piroscafo l'hanno messo a spalare il carbone fino all'arrivo. Io sono in regola. Poi quando arrivo mando una lettera, vi farò sapere se sto bene.
E così s'è imbarcato a Napoli sul piroscafo "Pocahontas" (vedi nota sull'ultima pagina del passaporto).
...

Passaporto per "la Merica"

Questa è la copia integrale del passaporto di Silvestro Loia (n. 1884, m. 1935).










lunedì 7 dicembre 2009

Piaggiasecca romana

Pare strano che un paesetto come Piaggiasecca, oggi 13 abitanti, di cui 2 con meno di 3 anni, possa avere origini così lontane. Ma la prova eccola qui, il fondo di un'amfora - un'inezia direte - ma un indizio sicuro. L'ho trovato frugando in un moregene (espressione dialettale per indicare dove i contadini, in fondo ai campi, ammassavano i sassi venuti in superficie durante l'aratura) in fondo alla Piana di Casarella 25 anni fa (vedi foto). Allora ero appassionato, come ora, di dare un senso a questo paesello, dal quale le vicende di studio prima e quelle di lavoro poi mi avevano allontanato già da tempo. Per così tanti anni ho creduto di aver perduto questo reperto importantissimo ma - si sa - la casa nasconde ma non ruba e, così, dopo qualche trasloco e qualche ristrutturazione l'ho ritrovato in una scatola.

Nel decennio tra i primi anni '70 e i primi anni '80 cercavo elementi della storia di Piagiasecca: presso il Catasto pontificio (conservato alla Sezione di Fabriano dell'Archivio di Stato, almeno fino a una ventina di anni fa), presso il Cessato Catasto (allora vi era una sezione di quello provinciale a Fabriano contenente i documenti catastali risalenti al periodo dell'impianto e cioè circa il 1885), presso la Parrocchia di Casalvento (i cui libri parrocchiali dei battesimi, dei morti e dei matrimoni, risalenti alla metà del 1600, sono stati trasferiti dagli anni '70 presso l'Archivio Vescovile di Fabriano), presso l'Archivio della Comunanza Agraria di Casalvento e Piaggiasecca (conservato in una cassetta di legno presso il presidente che, allora, era mio padre) e, naturalmente, sul posto.
Non è che vi fossero documenti eccezionali, ma data la scarsa attenzione per un "paesello" come il nostro da parte degli eruditi, potevo star certo che qualunque cosa trovassi sarebbe stata senz'altro "originale", cioè non manomessa per fini agiografici, come avvenuto per località maggiori specie all'inizio del 1900, in una specie di rincorsa a dimostrare origini nobili e antiche, come avvenuto per Arcevia o Ostra Vetere.

Così ho trovato la mappa del Catasto pontificio di Piaggiasecca del 1812 (all'Archivio di Stato), la dislocazione delle proprietà delle famiglie, che era molto raccolta a zone (al Cessato Catasto: i Grassi ad est, i Bani a ovest, i Locci a nord, oltre alle proprietà di famiglie oggi non più esistenti), la genealogia delle famiglie dalla metà del 1600 fino all'inizio del 1900 (nei libri parrocchiali, ad esempio: Scrollini si accasa a Piaggiasecca alla metà del 1700 provenendo dalla Toscana), la data del 1208 nella quale si risolse per via giudiziaria una delle innumerevoli controversie per la proprietà di un costone di monte Lo Spicchio, in contestazione tra le due Comunanze Agrarie di Casalvento-Piaggiasecca e Rucce ancora vivo nel recente taglio del 2005 che, quanto meno, attesta l'esistenza delle due comunità già da quell'epoca (dalla cassetta del presidente della Comunanza di Casalvento-Piaggiasecca) e, naturalmente i riscontri fisici.

Ho girato i piani terra degli edifici di Piaggiasecca ed ho trovato molti soffitti a volta ribassata in pietra da taglio; ho individuato vecchie porte d'entrata con l'arco gotico in pietra da taglio (come a Gubbio); molti ammassi di vegetali isolati in mezzo ai campi, che dovevano essere originariamente delle case, poi abbandonate; e, infine, ho trovato, girando i campi in lungo e in largo, il fondo d'anfora che avete visto, la cui origine è inequivocabilmente romana; ma ho trovato anche alcuni frammenti di mattoni che, per la qualità dell'impasto, sono molto probabilmente da far ascendere ad un periodo in cui la manodopera per il vaglio dell'argilla era a buon prezzo (gli schiavi romani?) dal momento che l'impasto si presenta fine e privo di calcinelli; così come ho trovato frammenti di mattoni che, al contrario, presentano un impasto molto meno raffinato nel quale sono presenti vuoti, segno di impastatura frettolosa, e calcinelli in abbondanza, segno che la vagliatura dell'argilla è stata fatta con metodi più rozzi (indizi della tarda romanità o dell'alto medioevo?).

Non ho allargato le ricerche agli altri paesi vicini a Casarella, e cioè Casalvento, Colmicoso e San Felice, per i quali non ho elementi di riflessione, ma è possibile che dopo la caduta di Roma e, soprattutto, dopo la sconfitta di Totila, Re dei Ostrogoti, avvenuta nella piana di Monterosso Stazione (presso Sassoferrato), all'incirca nei sec. VI e VII e con l'arrivo dei Longobardi nel sec. VII, gli abitanti della piana di Casarella si siano dispersi ridistribuendosi in località limitrofe, all'incirca al tempo di Carlo Magno cioè nel sec. IX.
E per Piaggiasecca e Casalvento sembra proprio che sia andata così.
Per San Felice non saprei, dal momento che sembra (almeno riguardo alla chiesa, la cui entrata guarda ad ovest, tipica modalità della controriforma e cioè il 1600) essere di origine molto posteriore.

Un discorso a parte, poi, andrebbe fatto sulla lingua, o meglio su quelle inflessioni dialettali che possono individuare una collocazione culturale nell'antichità. Sanzio Balducci, docente dell'Università di Urbino, ha mirabilemente rintracciato il confine di alcuni fonemi che fa propendere l'appartenenza di Piaggiasecca all'area nord delle Marche (mentre Fabriano, e per essa Rucce, apparterrebbe all'area sud) e cioè alla regione romana degli Umbri (poi occupara dai Galli Senoni) (vedi: I dialetti, di Sergio Anselmi (a c.), in La provincia di Ancona - Storia di un territorio, Bari, Editori Laterza, 1987, pp. 273-284).

Se il destino è contro di noi - verrebbe da dire leggendo il sottotitolo del blog principale - è peggio per lui. La memoria di cose lontane ci conforta e ci da un incoraggiamento a lottare contro l'oblio anche in posti remoti come questo, ai confini con la montagna marchigiana e umbra.